La domanda non interrompe i 40 giorni per l’opposizione a DI Tribunale di Torino N.621-2025
Il deposito della domanda di mediazione non è atto idoneo ad impedire il decorso del termine perentorio di quaranta giorni previsto per proporre opposizione al decreto ingiuntivo. Lo ha affermato il tribunale di Torino, I sezione civile, nella sentenza n. 621/2025, a seguito di una lunga disamina.
TARDIVITÀ DELL’OPPOSIZIONE A DI E MEDIZIONE
Il giudice esamina preliminarmente l’eccezione di tardività dell’opposizione ritenendola fondata. Dagli atti emerge infatti che il decreto ingiuntivo è stato notificato all’opponente in data 12.4.2024, mentre l’opposizione risulta proposta solo il 18.6.2024, ovvero oltre il termine perentorio di quaranta giorni prescritto dall’art. 641, primo comma, c.p.c. Secondo parte opponente, questo non determinerebbe la tardività dell’opposizione, perché il decorso del termine sarebbe stato interrotto dall’introduzione del procedimento di mediazione facoltativa, conclusosi con verbale di mediazione negativo per mancata partecipazione della controparte.
Per il tribunale, occorre verificare innanzitutto se l’art. 8 citato possa applicarsi, oltre che alle decadenze di natura sostanziale, indiscriminatamente a tutti i termini processuali, ed in particolare a termini endoprocessuali quali quello posto dall’art. 641, comma primo, c.p.c.
Al riguardo, è noto che la domanda di mediazione impedisce “per una sola volta” la decadenza e consente la proposizione di una nuova domanda nell’ulteriore nuovo termine semestrale decadenziale (Cass. civ., Sez. Unite, Sent., 22/07/2013, n. 17781).
Nello stesso senso, la giurisprudenza di merito ha riconosciuto alla domanda di mediazione effetto interruttivo del termine di impugnazione delle delibere assembleari ex art. 1137 c.c. (cfr. tra le altre, Tribunale Roma, Sez. V, Sent., 04/09/2023, n. 12562).
Tuttavia, osserva il giudicante, “si è in presenza di un termine di proponibilità dell’azione, la cui ritenuta natura processuale non consente di estendere tout court la portata della norma di cui all’art. 8, comma secondo, D. Lgs. 28/2010 ad ogni altro termine processuale”. In altre parole, dagli orientamenti giurisprudenziali richiamati, “non può trarsi argomento decisivo per ritenere che il riferimento alla ‘decadenza’ contenuto nella norma in esame si applichi indistintamente a tutti i termini processuali”.
EQUILIBRIO TRA LA MEDIAZIONE E LO STRUMENTO DEL DECRETO INGIUNTIVO
Orbene, per trovare, una risposta, il tribunale ha ritenuto che si debba operare un bilanciamento che si trova già all’interno della disciplina della mediazione, laddove, nella regolamentazione dei rapporti tra mediazione obbligatoria e procedimento monitorio, si è stabilito in primo luogo che l’onere di promuovere la procedura di mediazione gravi sull’opponente, e soprattutto che la mediazione, se obbligatoria (o anche demandata dal giudice), vada esperita solo dopo la pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione (art. 5, comma 5, lett. a), D. Lgs. 28/2010)”.
La ragione di ciò è ben chiarita dalla Suprema Corte, e consiste nell’assicurare che “l’esigenza di immediata soddisfazione del creditore dotato di prova scritta del credito posta alla base del monitorio, che si realizza con il differimento del contraddittorio rispetto alla formazione del titolo, verrebbe vanificata dal previo esperimento del tentativo di conciliazione. Detto in altri termini ciò vuol significare che in questa fase, prevale l’esigenza di concedere un agile strumento a tutela del credito rispetto all’esigenza di trovare una soluzione alternativa alla controversia, che non viene soppressa ma si sposta, alla fase successiva (Cass. civ., Sez. Unite, Sent. 28/04/2020, n. 8240)”.
Sulla scorta del ragionamento logico condotto dal giudice, l’idea che, quando già pende una controversia, “l’iniziativa del debitore di proporre la mediazione facoltativa possa interrompere il suddetto termine, e frustrare le esigenze che vi sono connaturate, appare del tutto disarmonica e incoerente rispetto all’impianto normativo, sia perché determinerebbe lo slittamento della decisione sulla provvisoria esecutività, e quindi un ritardo nella possibilità del creditore di munirsi di un titolo esecutivo, sia perché si presterebbe all’utilizzo della mediazione a scopo dilatorio, il tutto, in definitiva, con conseguenze non compatibili con la struttura e le finalità proprie degli istituti in esame”. Ebbene, in conclusione il giudice ha dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione proposta da parte attrice perché tardiva, con conseguente conferma e dichiarazione di esecutività del decreto ingiuntivo opposto.
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